la storia del progetto
 

Il sasso vuole essere un simbolo di continuità e di unione.

Proprio come tanti sassi messi tutti insieme si può creare una strada che ci può condurre verso nuovi orizzonti così tante persone insieme possono aiutare chi è in difficoltà o è vittima di soprusi ad uscirne ed iniziare una nuova vita. 

Ogni sasso ha una propria forma, un proprio colore, un proprio carattere proprio come gli esseri umani.

Sono stati scelti appositamente dei sassi piccoli perché rappresentano la realtà. 

L’obbiettivo del carnefice, l’uomo dominante, è fare sentire la donna piccola, insignificante. 

In realtà la donna racchiude dentro di sé una forza ed un messaggio che può distruggere le montagne.

Cercare il sasso e condividerlo con gli altri vuole dire avere la volontà di affrontare il problema e di creare squadra con gli altri affinché di questo brutale fattore se ne parli e si possa aiutare le donne in difficoltà.

Dire no a ogni forma di sopruso, farlo uscire forte dal petto (e forse dal profondo dell'anima), con lo sguardo fiero e la testa alta non è affatto scontato. 

Per fare questo bisogna essere forti e avere alle spalle qualcuno che ti supporta. 

Quella che si consuma, spesso in segreto, nell'intimità del focolare domestico (ma non solo), è una violenza che assume mille maschere e quello che è peggio è che tante volte viene consumato da chi dice di amare la vittima. 

Non sempre si tratta di violenza fisica o abusante, ma può essere anche verbale o psicologica attraverso umiliazioni, minacce, intimidazioni e le denigrazioni. 

Le ferite non sempre possono essere visibili sulla pelle perché molte volte sono dell’anima.

Occorre parlarne di quella violenza, non nascondersi dietro un dito e fingere che non esiste, è giusto che anche i bambini in età scolare conoscano dell’esistenza di questo fenomeno e che bisogna dire “ NO” per365 giorni all’anno e non solo il 25 novembre. 

Questo principio è alla base di questo progetto, solo tutti insieme e conoscendo il fenomeno possiamo fare la differenza.

Come genitori abbiamo l’obbligo e il dovere di insegnare ai nostri figli il valore del RISPETTO reciproco e dell’importanza di avere rapporti sani con dialoghi sereni ripudiando qualsiasi forma di violenza. 

La violenza divide mentre il rispetto unisce. 

Parlare con i ragazzi di questo è importante in quanto possono trasparire i primi segnali che possono farci capire chi ha un eventuale ruolo di carnefice e chi invece sta già subendo cercando di celarsi dietro il silenzio.

Bisogna ricordarsi che anche gli esempi genitoriali possono indurre i ragazzi a rispecchiare quanto visto tra le mura domestiche.

Il numero unico nazionale a cui rivolgersi in caso di violenze, abusi o stalking è il 1522, attivato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Dipartimento per le Pari Opportunità. 

È attivo 24 su 24, tutti i giorni e accoglie le richieste di aiuto tramite operatrici specializzate.

Le pagine Web e la mappa dei centri antiviolenza ci possono aiutare.

Uno dei canali più importanti per chiedere aiuto è proprio internet, che può fornire indirizzi e recapiti di singoli centri ai quali rivolgersi. 

La pagina web del 1522 fornisce, ad esempio, una mappatura dei centri antiviolenza e di altri servizi, che comprendono consultori pubblici, servizi sociali di base (dei comuni capoluogo), aziende sanitarie locali oppure ospedali, Pronto soccorso specifici con percorsi rosa per donne vittime di violenza, o ancora Caritas diocesane e numeri pubblici di emergenza (112, 113, 118).